Metafisica e metodo

STUDI DEL REALISMO INTEGRALE, Tommaso Demaria

Metafisica e metodo

Introduzione.

Il tema Metafisica e metodo che stiamo per affrontare esige una sua precisa messa a punto. Di qui la giustificazio­ne di questo primo paragrafo di natura introduttiva. La messa a punto del tema verte soprattutto sul senso di metafisica e sul valore del metodo con cui affrontarla.

Cominciamo dal senso di metafisica. Esso si qualifica come metafisica realistica oggettiva. Solo a questa condizione la metafisica sarà ciò che effettivamente dev’essere. La ragione si trova nel fatto che il realismo scientifico oggettivo è uno dei principi qualificanti dell’epi­stemologia, che è la scienza, filosofica delle scienze. Senza il realismo scientifico oggettivo le scienze e le discipline scientifiche si degradano a «generi letterari». E nessuna loro genialità od originalità riuscireb­bero a riscattarle da tale degradazione.

Con ciò, tuttavia, non è ancor detto tutto. Il realismo scientifico oggettivo qualifica ogni scienza e disciplina scientifica. Ma lo fa in modo diverso, a seconda delle singole scienze e discipline: problema che appartiene all’indagine epistemologica e storica della scienza, di qualsiasi scienza, a partire dalla filosofia, passando alla teologia, e attraverso l’intero ventaglio delle scienze della natura, incluse le ma­tematiche essendo anch’esse scienze della natura. Per passare poi alle scienze umane e dello spirito.

È in tale contesto che emerge il problema del metodo. Il metodo , di una scienza, infatti, deve corrispondere all’indole di ciascuna scien­za e disciplina, allo scopo appunto di raggiungere la rispettiva verità scientifica oggettiva. Tutto quest’insieme di riflessioni viene a far parte dell’introduzione alle singole scienze, compresa la scienza della metafisica.

 

2- Messa a punto della metafisica e del suo metodo.

Il titolo di questo secondo paragrafo è la conseguenza logica del primo. Ma, al di fuori di qualsiasi illusione, non si tratta di una cosa semplice. Il problema risulta assai complesso. Le domande per metterlo a punto sono le seguenti:
Che cos’è la metafisica? qual è il suo metodo?
Sono due domande condizionate a queste due altre:
Qual è l’oggetto formale della metafisica? Di conseguenza: quale ne dev’essere il metodo?

È un insieme di domande a cui si può rispondere solo per gradi. Il nostro problema ormai si centra sullo specifico problema della metafisica e del suo metodo. Vediamo di orientarci al riguardo.

Un primo orientamento possiamo averlo dall’editoriale di questo numero della Rivista, centrato appunto sulla verità metafisica realisti­ca oggettiva, sulla sapienzialità e la scientificità: i tre capisaldi, come vien detto nell’editoriale, da «aver sempre presenti e da garantirsi ad ogni costo». Per quale ragione? Perché fanno corpo tra loro, e già significano l’essenza della metafisica e del rispettivo metodo.

In altre parole, esse rappresentano il trinomio che condiziona l’intero nostro tema, articolantesi nei due fattori della metafisica e del metodo. Di conseguenza: tanto la scienza metafisica, quanto il rispettivo metodo, dovranno essere scienza metafisica e metodo veritativi in senso realistico oggettivo, sapienziale, nonché scientifico. Si tratta pertanto di collaudare l’una e l’altro in tal senso, partendo dall’oggetto formale della metafisica stessa per giungere poi al suo metodo, in quanto il metodo di qualsiasi scienza o disciplina scientifi­ca viene imposto dal loro oggetto formale.

 

3- L’oggetto formale della metafisica.

L’oggetto formale della metafisica non è il fenomeno, inteso sia in senso kantiano che positi­vista: ma l’essere nel senso di ente. Questa precisazione tuttavia, rispetto all’oggetto formale della metafisica risulta ben lontana dal­l’apparire esauriente.

Dopo Kant e il positivismo, il filosofo che ha distinto l’essere dall’ente, è stato Heidegger, che, nella sua opera Essere e tempo (1927), ha distinto l’essere (con più precisione l’esserci, il Dasein) dal Sein e cioè dall’ente. Tale distinzione risulta per noi inaccettabile per due ragioni.

Primo, perché l’esserci come Dasein sfocia nell’unico essere che ha coscienza della propria esistenza, e cioè nell’uomo, eliminando dall’oggetto della metafisica tutti gli altri esseri compreso Dio. Secon­do, perché, alle radici del così detto «pensiero debole», sta appunto la filosofia heideggeriana, il cui sbocco finale è stato l’eliminazione della metafisica . Heidegger, infatti, con la sua cosiddetta Ontologia, non è il restauratore, ma il distruttore di essa e dunque della metafisi­ca stessa.

Pertanto, in senso realistico oggettivo, tra essere ed ente non ci può essere distinzione, salvo quanto si dirà in seguito, sempre dal punto di vista realistico oggettivo. La sinonimia tra essere ed ente, comunque, non precisa ancora a sufficienza l’oggetto formale della metafisica . Dobbiamo quindi riproporre il problema di esso. E lo riproponiamo nel senso della totalità dell’essere.

 

4- Oggetto formale della metafisica : la totalità dell’essere.

Ciò significa che l’oggetto della metafisica non è riducibile all’uomo, né a Dio, ma deve comprendere la totalità degli esseri come enti, intesi non solo quantitativamente come una somma, bensì qualitativamente, in senso e valore sapienziale.

Come risulta dall’editoriale, verità metafisica realistica oggettiva, sapienzialità e scientificità si trovano strettamente agganciate fra loro, in modo da trovarsi esse pure partecipi della totalità stessa dell’ogget­to formale della metafisica. Ciò ovviamente viene a far parte anche del metodo: metodo metafisico, quindi, anch’esso totale, riflettendosi sullo stesso oggetto formale della metafisica, definendolo e venendone definito.

Ma non anticipiamo il discorso sul metodo. Fermiamoci all’og­getto formale della metafisica. Quale metafisica? Ripetiamolo: la me­tafisica realistica oggettiva, riflettendosi ad un tempo sulla sua sapien­zialità e sulla sua scientificità, per il nesso già posto in rilievo nell’editoriale.

Tenendo conto di quest’insieme di cose, torniamo all’oggetto formale della metafisica realistica oggettiva. La prima cosa da accentua­re, quanto all’oggetto formale della metafisica, è questa. Dio non può essere escluso dall’oggetto formale della metafisica realistica oggettiva, per la semplice ragione che Dio ne fa parte.

In che modo? Non già scavalcando tutti gli altri enti. Questo è stato l’errore dei presocratici e di Platone, anche se in maniera diver­sa. Per tale strada la filosofia e a fortiori la metafisica venivano a identificarsi con la teologia. Così è avvenuto anche all’epoca dei Padri, i quali, centrando Dio sulla Rivelazione cristiana, confondeva­no filosofia e teologia.

Solo con Tommaso d’Aquino le due discipline hanno cominciato a distinguersi, nella misura che la considerazione metafisica realistica dell’essere è venuta a prevalere, concependo il proprio oggetto formale come la totalità dell’essere. La presenza di Dio nell’oggetto formale della metafisica realistica oggettiva non ha in un primo momento altro significato se non quello di porre il sigillo ai fattori di essa, che sono appunto per prima cosa quelli del suo oggetto formale e del metodo, i quali portano con sé i tre capisaldi già codificati nell’edito­riale.

Per tornare a ripeterci (anche ciò può essere utile), essi sono appunto la verità metafisica  realistica oggettiva, la sua sapienzialità nonché la scientificità. Per la sapienzialità della metafisica, nessun dubbio. La metafisica, nella verità e nell’errore, nel bene e nel male, lo è per sua natura. Rimane da giustificare la scientificità, che diventa garanzia della verità realistica oggettiva e della vera sapienzialità sia pure soltanto umana. E ciò, proprio in merito del metodo metafisico realistico oggettivo.

Con tutto ciò torniamo a ripeterlo, la questione dell’oggetto ,formale della metafisica  realistica oggettiva e del rispettivo metodo, rimane appena sfiorata. Bisogna quindi insistere nel loro approfondi­mento, percorrendo la strada ormai tracciata.

 

5- Solidarietà fra l’oggetto formale della metafisica e il suo metodo.

 

Tale solidarietà è per sua natura inviolabile, anche se il metodo del filosofare non può portare con sé alcuna garanzia, finché non arrivi ad essere il metodo metafisico realistico oggettivo, e chi l’adopera, cioè il filosofo-metafisico, non impari a tenersi mordicus a tale metodo.

C’è già stato qualche filosofo-metafisico che abbia saputo attener­visi? Certo. E questi è Tommaso d’Aquino, precisamente come filoso­fo-metafisico, poiché in lui va distinta una doppia dimensione: quella del filosofo-metafisico speculativo, e quella del teologo. Ma la linea filosofico-metafisica da lui professata e percorsa nella più grande coerenza, dopo di lui è stata abbandonata e tradita. (cf. HANS URS VON BALTHASAR, Gloria, pp. 355-370).

Perché un tale tradimento? Per la ragione che mai i filosofi-metafisici cattolici, e neppure i teologi, per i quali (se cattolici) la metafisica realistica oggettiva doveva essere lo strumento metodologi­co che completava il rispettivo metodo teologico in funzione specula­tiva, si sono impegnati a elaborare una propedeutica teologica, di natura «epistemologica» sia per la scienza metafisica sia per la scienza teologica. Di questo passo, anche la buona scienza teologica e metafi­sica non ha mai potuto trovare l’ubi consistam davvero solido, quanto al rispettivo oggetto formale teologico nonché metafisico, per non parlare dei rispettivi metodi.

Epistemologicamente, sia in un senso sia nell’altro, il problema metafisico e teologico è preoccupante, e se ne postula la giusta solu­zione nel più breve tempo possibile, almeno per far chiarezza sugli oggetti formali della metafisica e della teologia, nonché dei rispettivi metodi.

Ciò che ha inciso sulla negatività della situazione è il fatto che l’oggetto formale e il metodo della metafisica sono solidali fra loro. E lo sono altrettanto l’oggetto formale e il metodo della teologia, sempreché si voglia far della teologia a livello speculativo la quale rappresenta il vertice della teologia stessa.

Ma è possibile risolvere bene un tale problema? Diciamo che non solo è possibile, ma necessario, se si giunge a disporre di un sistema metafisico realistico oggettivo davvero completo.

6- Il sistema metafisico realistico tomista come sistema «incom­pleto».

È ciò che già è stato posto in rilievo nel primo articolo di fondo di Nuove Prospettive, dal titolo: «La metafisica aristotelico­-tomista come sistema realistico oggettivo: sua crisi e rifiuto». La ragione di tale crisi e rifiuto anche da parte di metafisici e teologi cattolici è una sola: quella della sua incompletezza.

Non vogliamo ripeterci. Rinviamo quindi al suddetto articolo. Ciò che qui c’interessa è il riflesso di tale «incompletezza» sull’oggetto formale della metafisica realistica oggettiva e sul suo metodo. Come già si è detto si tratta di cose solidali fra loro, e dunque tali da rendere impossibile a risolvere il rispettivo problema, se non lo si risolve ad modum unius.

Non ci resta pertanto di riprendere da capo il problema, sulla base di quanto già è stato detto. Torniamo quindi all’oggetto formale della metafisica realistica oggettiva, per passare poi al suo metodo.

7- Il raggiungimento dei nostri obiettivi.

I due obiettivi imme­diati che dobbiamo raggiungere sono quelli dell’oggetto formale della metafisica realistica oggettiva e del suo metodo. Come già si è detto, si tratta di un itinerario lungo e non facile, che tuttavia non possiamo interrompere. Possiamo progredire verso di essi tenendo presenti tre cose: primo, il valore dell’intuizione; secondo, tener presente che il senso della totalità dell’essere, come definizione iniziale dell’oggetto formale della nostra metafisica, non è solo quantitativo, ma soprattutto qualitativo; terzo, saperne dedurre le conseguenze.

Innanzitutto, il valore dell’intuizione. Si tratta ovviamente di una intuizione metafisica realistica oggettiva, la quale tiene il posto del­l’ipotesi per le scienze della natura. Essa rimane collegata all’oggetto ,formale della metafisica realistica oggettiva da intendersi (ripetiamolo) qualitativamente. Si tenga presente che tale intuizione non dice ancor nulla di preciso rispetto all’oggetto Formale in questione, in quanto la semplice intuizione non è ancora la penetrazione di esso e delle sue articolazioni.

E passiamo alla totalità dell’essere come definizione iniziale del­l’oggetto formale in questione. Essa comprende tutti gli esseri che ne fanno parte, a cominciare da Dio, per giungere fino a quel particolare essere che chiameremo realtà storica. In sintesi, la totalità dell’essere come definizione iniziale dell’oggetto formale della metafisica realisti­ca oggettiva, viene delineato da questi quattro esseri: Dio, l’uomo, il cosmo, e la realtà storica. Sono le quattro componenti della totalità dell’essere. Tra di esse vige una graduatoria, a partire da Dio, scen­dendo al cosmo, passando all’uomo, e chiudendo la serie della totalità degli esseri, con la realtà storica.

Si tratta di quattro componenti, tutte a valore ontologico-metafisico. Ovviamente, il primo posto spetta a Dio. Trattandosi di «Dio Creatore», il secondo posto spetta al cosmo, da cui non è escluso l’uomo, anch’egli creatura di Dio. Ma l’uomo, come essere creato, per la metafisica realistica oggettiva, assume un’importanza massima.

È all’uomo come essere, che si aggiunge l’ultima componente del quadro totale dell’essere, rappresentata appunto dalla realtà storica. Passiamo alle conseguenze di quanto detto, come terzo fattore dell’in­tuizione, che sta alla base del raggiungimento dei nostri obiettivi. Esso rappresenta il terzo fattore dell’intuizione che permette di raggiungere gli obiettivi metafisici che in questo momento ci interessano, il quale viene espresso da questa frase: saper trarre le giuste conseguenze dalla totalità dell’intuizione, già codificata attraverso i primi due fattori.

8- Le conseguenze da trarre.

Sono il frutto delle conseguenze da trarre dai due primi fattori dell’intuizione metafisica realistica oggettiva, che noi esponiamo per punti.

1) Dio, come Essere metafisicamente Supremo, in virtù della metafisica realistica oggettiva, torna a collocarsi al primo posto preci­samente come Essere, Creatore del cosmo e dell’uomo, nonché della stessa realtà storica. Ciò, in virtù di quella intuizione metafisica realistica oggettiva, che si pone all’inizio, gravida tuttavia di moltepli­ci conseguenze metafisiche e non (si tengano presenti le conseguenze religiose e morali). Tutto ciò, in virtù della metafisica realistica og­gettiva.

2) Altra conseguenza è la riconferma dei tre capisaldi della meta­fisica in questione, e dunque della verità realistica oggettiva, della sapienzialità nonché della scientificità, come risulta dall’editoriale del presente numero della Rivista, già da noi commentato.

3) La terza conseguenza da trarre è che il sistema metafisico realistico oggettivo di Tommaso d’Aquino, di per sé incompleto, per tradursi in sistema metafisico realistico oggettivo completo abbisogna dell’integrazione dell’essere «realtà storica», per raggiungere la totalità dell’essere come oggetto formale del sistema metafisico realistico og­gettivo. «Totalità dell’essere», garantita appunto dall’essere «realtà storica», come aggiunta integrativa per garantirla.

4) In tal modo, viene garantito l’oggetto formale della metafisica realistica oggettiva, definibile al completo in quanto deve includere altresì l’essere della realtà storica, da garantirsi ontologicamente e metafisicamente: non solo eticamente o personalisticamente.

5) Ultima conseguenza da trarre è quella che riguarda il metodo metafisico realistico oggettivo, che potrà venir definito come conse­guenza ultima di quest’insieme di cose.

9- L’oggetto formale della metafisica realistica oggettiva.

Fermo restando quanto da noi è già stato stabilito, e cioè che l’oggetto formale della metafisica realistica oggettiva non può venir definito se non dopo averne percorso l’intero iter metafisico, ciò non impedisce di procedere per gradi ripartendo dalla sua definizione iniziale di totalità dell’essere. Ora che l’oggetto formale in questione è stato integrato con l’essere della realtà  storica, già beneficiamo di una maggior luce per proseguire la nostra ricerca metafisica.

Il punto essenziale per tale proseguimento dipende dalla risposta a questa domanda: qual è l’aiuto che ci proviene dall’integrazione della totalità dell’essere, operata con l’essere della realtà storica? La risposta per ora bisogna darla in funzione di questa duplice chiave: primo, l’includere l’essere della realtà storica nell’oggetto, formale della metafisica realistica oggettiva importa un cambio di registro metafisico davvero sconvolgente. L’intero quadro della metafisica rea­listica oggettiva sarà in funzione dell’inclusione suddetta.

Secondo (e questa è l’altra chiave): l’inclusione dell’essere della realtà storica nell’oggetto formale della metafisica realistica oggettiva non sgancia quest’ultima dalla metafisica realistica tradizionale, intesa nella sua edizione metafisica realistica oggettiva di Tommaso d’Aqui­no. Insistiamo su tale concezione, perché sganciarsi da essa è cadere nel più vieto soggettivismo anche se questo può assumere cento forme diverse. Ed è tradire ad un tempo l’essere della realtà storica, il quale, entrato ormai a far parte dell’oggetto formale della metafisica realisti­ca oggettiva, la plasma, garantendo tanto il suo realismo metafisico oggettivo, quanto quello della vecchia tradizione metafisica tomista.

In altre parole, il realismo metafisico oggettivo non è più sgancia­bile né dalla nuova metafisica realistica oggettiva dell’essere come realtà storica, né dalla vecchia metafisica realistica oggettiva tomista. In tal modo, il realismo metafisico tradizionale (rappresentato dalla tradizionale metafisica realistica oggettiva tomista), e il nuovo reali­smo metafisico legato all’essere della realtà storica, vengono garantiti entrambi: nuovo realismo metafisico oggettivo legato all’essere della realtà storica, e realismo metafisico oggettivo tradizionale. Di più: il nuovo realismo metafisico oggettivo imposto dall’essere della realtà storica diventa e rimane il fondamento del tomistico realismo metafisico tradizionale che, senza tale fondamento e garan­zia, come la storia della filosofia (e della stessa teologia) dimostra, va fatalmente fuori strada, spinto dalla necessità di affrontare l’attuale problematica metafisica dinamica.

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