Cartesio l’impreciso

Cartesio l’impreciso

cartesio2Condivido con Cartesio  la necessità di porre la ragione al centro del sistema conoscitivo umano e a mio parere la metafisica non può deviare da questo. Ma .. confrontando con i trascendentali logici c’è un grave errore proprio nei fondamenti logici della sua opera.

  1. Cogito ergo sum [1]  è molto rovescio. Molto rovescio perché ha rovesciato molti aspetti
  2. il primo è l’ordine causale. L’ordine corretto è “sum ergo cogito”.
  3. il secondo è la mancata reductio che pur costituisce il suo terzo principio. Sum infatti non è specifico si può riferire tanto al divino nel quale esistenza ed essenza coincidono, quanto all’umano dove non coincidono. Avrebbe dovuto dire perciò (perdonate il latino maccheronico ) “homo sum, ergo cogito”.
  4. Il terzo riguarda la completezza della percezione iniziale e quindi che avrebbe dovuto comprendere anche  la sua esistenza, quel fattore  che gli permette di pensare; è appunto il suo quarto principio. Nel nostro caso sono in quanto vivo va bene per Dio, ma nell’esistente umano (che è ciò di cui ci occupiamo) devo dire: sono in quanto organismo umano.  Il fondamento della sua metafisica avrebbe dovuto essere “homo vivo sum, ergo cogito”. Homo vivo già sposta all’ente creato, ma per essere precisi avrebbe dovuto scrivere dell’organismo che è la vita in quanto creata. Quindi qualcosa come “ homo organismus (vivo) sum, ergo cogito
  5. Se poi assumo il pensiero come qualità essenziale  della persona umana ( individua substantia rationalis naturae) potrebbe essere “homo organismus (vivo) sum rationalis naturae”. O qualcos’altro del genere.
  6. Metodo errato: dei quattro pincìpi (regole), il primo lo sto utilizzando anche io ora, il terzo e il quarto anche, ma il secondo purtroppo è errato.”dividere ogni problema preso in esame in tante parti quante fosse possibile e richiesto per risolverlo agevolmente”. Si tratta di un principio della metafisica ma che non è applicabile  ad ogni ente. Non è applicabile, per esempio,  all’organismo la cui suddivisione per trovare la vita mi fa perdere immediatamente il mio oggetto di studio.
  7. Questo errore  ha eliminato nel fondamento metafisico l’esistenza come qualità “creaturale” introdotta da San Tommaso nella metafisica realista. L’introduzione della vita nell’esistenza produce infatti per definizione un organismo per ora non meglio specificato.

Toppare il fondamento metafisico  sballa tutta la concatenazione di premessa/ipotesi,  argomentazione, verifica, conclusioni), ossia la premessa, distrugge irrimediabilmente , appunto dalle fondamenta, tutto il suo castello. Il suo castello e quello di chiunque si poggia su di lui. A, purtroppo è diverso da B.

  1. … per quel che riguarda Dio, Dio non è più il “ pensiero archetipo” di Cartesio bensì “vita archetipa”, l’uomo vita organico-dinamica è “figlio” della vita archetipa. Questo non esclude il pensare che è anch’esso parte della formula essenziale, che Dio sia razionalità (Logos)[2] e che l’uomo lo possa percepire, … ma l’uomo  lo percepisce come vita (trinitaria) e non solo come idea/pensiero/razionalità.

CONSEGUENZE: Riprendo le considerazioni iniziali aggiungendo quello che penso di questo “sballo mondiale” dai gender all’economia, concludendo che abbia anch’esso le proprie radici nel “sum” che non distinguendo l’uomo da Dio non è altro che la traduzione del peccato originale ( sarete come dei) che ci esime dal servizio alla Vita mettendo al centro la nostra in modo assoluto.  La soluzione metafisica  è  nell’ente dinamico (faciendum) che del resto Cartesio non poteva conoscere e Pascal ha percepito parzialmente.

[1]Parte quarta – Le prove dell’esistenza di Dio e dell’anima umana, ossia i fondamenti della metafisica
[…] Dal momento che desideravo occuparmi soltanto della ricerca della verità, pensai che dovevo […] rigettare come assolutamente falso tutto ciò in cui potevo immaginare il minimo dubbio, e questo per vedere se non sarebbe rimasto, dopo, qualcosa tra le mie convinzioni che fosse interamente indubitabile. Così, poiché i nostri sensi a volte ci ingannano, volli supporre che non ci fosse cosa quale essi ce la fanno immaginare. E dal momento che ci sono uomini che sbagliano ragionando, anche quando considerano gli oggetti più semplici della geometria, e cadono in paralogismi, rifiutai come false, pensando di essere al pari di chiunque altro esposto all’errore, tutte le ragioni che un tempo avevo preso per dimostrazioni. Infine, considerando che tutti gli stessi pensieri che abbiamo da svegli possono venirci anche quando dormiamo senza che ce ne sia uno solo, allora, che sia vero, presi la decisione di fingere che tutte le cose che da sempre si erano introdotte nel mio animo non fossero più vere delle illusioni dei miei sogni. Ma subito dopo mi accorsi che mentre volevo pensare, così, che tutto è falso, bisognava necessariamente che io, che lo pensavo, fossi qualcosa. E osservando che questa verità: penso, dunque sono, era così ferma e sicura, che tutte le supposizioni più stravaganti degli scettici non avrebbero potuto smuoverla, giudicai che potevo accoglierla senza timore come il primo principio della filosofia che cercavo.
Poi, esaminando esattamente quel che ero, e vedendo che potevo fingere di non avere nessun corpo, e che non ci fosse mondo né luogo alcuno in cui mi trovassi, ma che non potevo fingere, perciò, di non esserci; e che al contrario, dal fatto stesso che pensavo di dubitare della verità delle altre cose, seguiva con assoluta evidenza e certezza che esistevo; mentre, appena avessi cessato di pensare, ancorché fosse stato vero tutto il resto di quel che avevo da sempre immaginato, non avrei avuto alcuna ragione di credere ch’io esistessi: da tutto ciò conobbi che ero una sostanza la cui essenza o natura sta solo nel pensare e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo né dipende da qualcosa di materiale. Di modo che questo io, e cioè la mente per cui sono quel che sono, è interamente distinta dal corpo, del quale è anche più facile a conoscersi; e non cesserebbe di essere tutto quello che è anche se il corpo non esistesse.
Dopo di ciò, considerai in generale quel che si richiede ad una proposizione perché sia vera e certa; infatti, poiché ne avevo appena trovata una che sapevo essere tale, pensai che dovevo anche sapere in che cosa consiste questa certezza. E avendo notato che non c’è niente altro in questo io penso, dunque sono, che mi assicuri di dire la verità, se non il fatto di vedere molto chiaramente che, per pensare, bisogna essere, giudicai che potevo prendere come regola generale che le cose che concepiamo molto chiaramente e molto distintamente sono tutte vere; e che c’è solo qualche difficoltà a vedere bene quali sono quelle che concepiamo distintamente.
In seguito a ciò, riflettendo sul fatto che dubitavo, e che di conseguenza il mio essere non era del tutto perfetto, giacché vedevo chiaramente che conoscere è una perfezione maggiore di dubitare, mi misi a cercare donde avessi appreso a pensare qualcosa di più perfetto di quel che ero; e conobbi in maniera evidente che doveva essere da una natura che fosse di fatto più perfetta. [Ora] non potevo dire dell’idea di un essere più perfetto del mio […] che mi venisse dal nulla, era chiaramente impossibile; e poiché far seguire o dipendere il più perfetto dal meno perfetto è altrettanto contraddittorio quanto far procedere qualcosa dal nulla, non poteva neppure venire da me stesso. Di modo che restava che fosse stata messa in me da una natura realmente più perfetta della mia, e che avesse anche in se tutte le perfezioni di cui potevo avere qualche idea, e cioè, per spiegarmi con una sola parola, che fosse Dio.

da R. Descartes, Discorso sul metodo (1637), Editori Riuniti
da R. Descartes, Introduzione alla filosofia-testi-,I.S.S.R. SAN PIETRO MARTIRE VERONA Verona 2015 [11,11 Filosofia e modernità. Il razionalismo. Dal dubbio alla certezza. Cartesio, § 11.1 Il discorso sul metodo p. 65].

[2]      «A questo puntosi apre, nella comprensione di Dio e quindi nella realizzazione concreta della religione, un dilemma che oggi ci sfida in modo molto diretto. La convinzione che agire contro la ragione sia in contraddizione con la natura di Dio, è soltanto un pensiero greco o vale sempre e per se stesso? Io penso che in questo punto si manifesti la profonda concordanza tra ciò che è greco nel senso migliore e ciò che è fede in Dio sul fondamento della Bibbia. Modificando il primo versetto del Libro della Genesi, il primo versetto dell’intera Sacra Scrittura, Giovanni ha iniziato il prologo del suo Vangelo con le parole: “In principio era il λόγος”. È questa proprio la stessa parola che usa l’imperatore: Dio agisce „σὺν λόγω”, con logos. Logos significa insieme ragione e parola – una ragione che è creatrice e capace di comunicarsi ma, appunto, come ragione. Giovanni con ciò ci ha donato la parola conclusiva sul concetto biblico di Dio, la parola in cui tutte le vie spesso faticose e tortuose della fede biblica raggiungono la loro meta, trovano la loro sintesi. In principio era il logos, e il logos è Dio, ci dice l’evangelista. L’incontro tra il messaggio biblico e il pensiero greco non era un semplice caso. La visione di san Paolo, davanti al quale si erano chiuse le vie dell’Asia e che, in sogno, vide un Macedone e sentì la sua supplica: “Passa in Macedonia e aiutaci!” (cfr At 16,6-10) – questa visione può essere interpretata come una “condensazione” della necessità intrinseca di un avvicinamento tra la fede biblica e l’interrogarsi greco.»   Benedetto XVI,VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A MÜNCHEN, ALTÖTTING E REGENSBURG (9-14 SETTEMBRE 2006) INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DELLA SCIENZA DISCORSO DEL SANTO PADRE Aula Magna dell’Università di Regensburg Martedì, 12 settembre 2006  ,Libreria Editrice Vaticana Roma 2006[, Fede, ragione e università.Ricordi e riflessioni., §  p. ].